
Nella sesta relazione sullo stato di attuazione del Pnrr si legge che oltre il 60 per cento dei progetti finanziati con i fondi europei sarebbe già concluso o in via di conclusione. Tuttavia la realtà è più complessa. Nel Mezzogiorno i problemi sono strutturali, tra proroghe dei bandi e ritardi nell’avvio dei cantieri
In dirittura d’arrivo ma non senza complicazioni e ritardi. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è entrato nella sua fase finale, la cui conclusione rimane prevista per il 2026, ma questo non basta per poter parlare di un piano attuato con tempistiche precise e risorse equamente suddivise sul territorio.
All’interno della sesta relazione sullo stato di attuazione del Pnrr, il governo italiano ha dichiarato che il sessanta per cento dei progetti finanziati con i fondi europei sarebbe già concluso o in via di conclusione. Ma i progetti Pnrr conclusi consistono principalmente in acquisti di servizi e incentivi a privati e imprese. Meno del 5 per cento riguarda opere pubbliche.
Dati e opere pubbliche
Per gli analisti di Openpolis ne consegue che, a gonfiare il dato sui progetti già completati, sono gli interventi di minori dimensioni o con un’implementazione più semplice. Luca Dal Poggetto, analista esperto di opere pubbliche per Openpolis, dice che «stanno andando avanti i progetti che consentono di rendicontare facilmente un avanzamento a Bruxelles». Al contrario, per quanto riguarda le opere più complesse, siamo ancora molto indietro: i progetti ancora in corso valgono oltre 95 miliardi.
In merito agli interventi effettuati, a livello numerico, la regione che ne ospita la quota maggiore è la Lombardia con 41.290 progetti. Seguono il Veneto con 24.112, la Campania con 24.077 e il Piemonte con 22.126. Anche a livello di risorse assegnate queste regioni risultano ai primi posti.
Sul versante della trasparenza dei dati, per Dal Poggetto, «sono stati fatti dei passi avanti, anche se con grave ritardo se consideriamo che siamo ormai alla fine».
Poi c’è il piano politico. Le dichiarazioni del ministro degli Affari europei, Tommaso Foti, «riportano quanto contenuto nella sesta relazione sullo stato di attuazione del Pnrr, su dati aggiornati al 31 dicembre 2024».
È vero che i progetti già conclusi rappresentano il 60 per cento del totale dei progetti attivi «ma questi assorbono in totale circa il 24 per cento di tutti i fondi assegnati al nostro paese». Quindi si sono conclusi gli interventi di più semplice e rapida implementazione, «mentre quelli più complessi, come le opere pubbliche, sono ancora in corso o addirittura in fase di avvio. A questo poi si deve aggiungere che c’è una parte consistente di fondi – circa 54 miliardi di euro a dicembre 2024 – che deve ancora essere assegnata».
La maggior parte dei progetti finanziati, invece, rientra nella categoria della digitalizzazione. Seguono gli interventi sulle infrastrutture e quelli di varia natura nell’ambito di scuola, università e ricerca. Per quanto riguarda gli importi già assegnati, il 35,4 per cento dei fondi è destinato alle infrastrutture con circa 50 miliardi di euro. Seguono gli interventi nell’ambito dell’istruzione e della ricerca con 25,2 miliardi di euro, pari a circa il 18 per cento dei fondi allocati. Infine quelli specifici per la transizione ecologica con 18,4 miliardi di euro, pari al 13,1 per cento dei fondi assegnati.
Il Mezzogiorno
L’avanzamento dei lavori è in grandissima difficoltà nel Sud Italia: le percentuali più basse si registrano in Calabria (10 per cento), Campania (13 per cento), Sicilia (13 per cento) e Sardegna (14 per cento).
Per l’analista di Openpolis le motivazioni sono molteplici: «A partire dal fatto che nel Mezzogiorno ci sono meno risorse umane sia in termini numerici ma anche come livello di competenze». In alcuni casi le regioni hanno fatto fatica anche solo a presentare progetti idonei. Questo ha comportato la necessità «di rivedere o prorogare i bandi. Ad esempio a quelli legati agli asili nido o quelli per il sistema irriguo in agricoltura».
Questo ha comportato dei ritardi nell’avvio dei cantieri che ora si faticano a recuperare. Per Dal Poggetto «sarebbe un errore scaricare tutta la responsabilità solo sulle amministrazioni locali. Da oltre un decennio c’è un blocco del turn over all’interno della pubblica amministrazione». Questo non solo ha comportato un generale calo del personale, ma anche una mancata acquisizione delle competenze richieste.
Dal Poggetto ricorda che già nel 2021 «diversi enti autorevoli paventavano il rischio che molte di queste realtà non sarebbero state in grado di reggere il carico di lavoro richiesto per gestire, oltre all’attività ordinaria, anche i fondi Pnrr». Per l’analista «è chiaro che, data la situazione attuale, il rischio invece è che questi divari si acuiscano ulteriormente».
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