12 Maggio 2025
Accordo Italia-Norvegia sulle materie prime critiche pulite


A Tromsø, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e la sua omologa norvegese, Cecilie Terese Myrseth, hanno firmato una dichiarazione congiunta che apre la strada a importanti collaborazioni su materie prime critiche, fondamentali per affrontare la duplice transizione digitale e verde. L’intesa, con la firma dell’accordo, è stata raggiunta il 5 maggio 2025.

Cosa prevede l’intesa tra i due Paesi

La Norvegia, pur non essendo membro Ue, è un partner strettamente integrato con il mercato europeo e rappresenta un fornitore affidabile di risorse energetiche e minerarie, con una filiera ben sviluppata nell’estrazione, raffinazione e gestione sostenibile delle risorse.

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L’Italia, dal canto suo, è alla ricerca di alleanze che le consentano di assicurarsi l’accesso a queste materie in maniera stabile, sicura e nel rispetto degli standard ambientali europei. L’accordo tra i Paesi, quindi, assume un valore geopolitico e prevede:

  • il coinvolgimento di imprese italiane e norvegesi in progetti congiunti sullo sviluppo sostenibile delle materie prime critiche (Critical Raw Materials – CRM);
  • la creazione di nuove tecnologie di estrazione, riciclo e sostituzione, rafforzando la catena del valore interna all’Europa e diminuendo la dipendenza da Paesi come la Cina, attualmente dominante in numerosi segmenti del settore;
  • la collaborazione tra Norvegia e Italia per garantire approvvigionamenti sostenibili e sicuri di materie come litio, cobalto, terre rare e grafite, fondamentali per la produzione di batterie, semiconduttori e tecnologie verdi.

A rendere ancora più strategico l’accordo è il coinvolgimento potenziale del Fondo sovrano norvegese.

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Il ruolo strategico del fondo sovrano norvegese

A partire dall’accordo raggiungo, l’auspicio è che il fondo sovrano norvegese aumenti i propri investimenti in Italia. Si tratta di un attore di rilevanza mondiale: il Government Pension Fund Global, alimentato dai proventi del petrolio, è il più grande fondo sovrano al mondo per dimensioni, con asset superiori ai 1.500 miliardi di dollari. Attualmente, già investe circa 23 miliardi di dollari in Italia, con partecipazioni in 112 aziende, molte delle quali tra le più significative del nostro tessuto economico e industriale.

L’intesa va letta quindi come un invito esplicito, una chiamata a consolidare la presenza norvegese in settori strategici dell’economia italiana, in particolare nella green economy, nella manifattura avanzata e nei comparti tecnologici collegati alla doppia transizione, verde e digitale. Un’azione che potrebbe attrarre risorse fresche, know-how e nuovi partenariati industriali, con importanti ricadute sull’occupazione e sulla competitività delle imprese italiane.

Perché è importante investire in materie prime critiche

Nel contesto globale attuale, segnato da tensioni geopolitiche dovute ai dazi, transizioni industriali e crisi delle catene di approvvigionamento, le materie prime critiche sono diventate centrali per la sicurezza economica e tecnologica dell’Unione Europea. Rare, spesso concentrate in pochi Paesi extraeuropei e fondamentali per settori strategici – dall’elettronica all’energia pulita, dalle batterie ai semiconduttori – queste risorse non possono essere lasciate in balia delle fluttuazioni del mercato globale o delle scelte unilaterali di singoli attori.

Per questo motivo il tema delle materie prime critiche è oggi uno degli snodi più delicati della politica industriale europea. L’Ue importa oltre l’80% dei materiali fondamentali per l’elettronica, la mobilità elettrica, le rinnovabili e la difesa. Una dipendenza che espone il continente a rischi geopolitici significativi, come dimostrato dall’interruzione delle forniture globali durante la pandemia o le tensioni commerciali con la Cina.

In questo scenario, è facile intuire perché l’accordo con la Norvegia ha rilevanza, in quanto punta a diversificare e stabilizzare le fonti di approvvigionamento, valorizzando le risorse e le competenze nordiche, ma anche sostenendo una filiera europea delle materie prime che includa fasi di estrazione, raffinazione e riciclo.

Un settore nel quale l’Italia può giocare un ruolo chiave grazie alle sue competenze industriali, scientifiche e ingegneristiche, oltre che alla crescente attenzione alla sostenibilità ambientale.





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