9 Maggio 2025
I referendum dell’8 e 9 giugno 2025


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I cinque referendum a cui siamo chiamati i prossimi 8 e 9 giugno sono tutti abrogativi, chiedono, cioè, di eliminare, completamente o in parte, una norma già esistente.

Quattro dei quesiti riguardano il lavoro, l’ultimo, invece, la cittadinanza. Per raggiungere il quorum c’è bisogno che almeno la metà degli aventi diritto vada a votare.

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Le domande relative al lavoro sono foraggiate dalla CGIL e da altre associazioni civili, mentre quella sulla cittadinanza è stata promossa dal partito Più Europa con il sostegno di Possibile, Psi, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista.

I quesiti saranno su schede di colore diverso e si voteranno singolarmente. Il referendum è stato indetto superando ampiamente il limite minimo di 500mila firme.

Gli argomenti relativi al lavoro sono: Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti; Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese; Contratti a termine; Responsabilità solidale negli appalti.

Il quinto fa riferimento alla cittadinanza italiana concessa agli stranieri.

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Il primo quesito è incentrato sull’abrogazione, quindi annullamento, delle norme sui licenziamenti che consentono di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con più di 15 dipendenti, nemmeno se un giudice stabilisce che l’interruzione del rapporto di lavoro era stata ingiusta o infondata. Se la norma attuale venisse abrogata, si tornerebbe al sistema che c’era prima dell’entrata in vigore del Jobs Act, si procederebbe, cioè, al reintegro della persona nel posto di lavoro, oltre al risarcimento economico. Al momento è previsto un indennizzo economico tra le 6 e le 36 mensilità di stipendio.

Il secondo quesito punta ad eliminare il limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende. Lo scopo è tutelare chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti: al momento c’è solo un indennizzo pari a sei mesi di stipendio. In questo caso un giudice stabilirebbe l’indennità considerando diversi parametri, fra cui la gravità della violazione, l’età, i carichi di famiglia e la capacità economica dell’azienda.

Sempre associato al Jobs Act, il terzo quesito sul lavoro intende eliminare alcuni criteri sui contratti a tempo determinato, quelli sottoscritti, secondo la CGIL, da due milioni e 300mila persone. Tali contratti adesso possono valere anche un anno senza che il datore specifichi un motivo valido. L’obiettivo di questo referendum è proprio quello di derubricare l’insindacabilità della scelta dell’azienda e introdurre una “causale”.

Il quarto quesito si propone di estendere la responsabilità dell’imprenditore in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali. Attualmente le norme stabiliscono che negli infortuni il datore di lavoro committente è responsabile in solido con l’appaltatore e i subappaltatori per i danni subiti dai lavoratori che non hanno la copertura assicurativa. La legge esclude però questa responsabilità se i danni sono causati da rischi specifici dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore. Il referendum vuole proprio eliminare quest’ultima postilla.

L’ultimo quesito punta a ridurre da dieci a cinque gli anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza: una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni. La riforma, nello specifico, vuole modificare l’articolo 9 della legge 91 del 1992 con cui si è alzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia per poter presentare la domanda di cittadinanza. Restano inalterati gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza italiana, come conoscere l’italiano, avere un reddito stabile e non avere commesso reati.




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